Il corvo bianco. Carl Schmitt davanti al nazismo by Tommaso Gazzolo & Stefano Pietropaoli

Il corvo bianco. Carl Schmitt davanti al nazismo by Tommaso Gazzolo & Stefano Pietropaoli

autore:Tommaso Gazzolo & Stefano Pietropaoli [Gazzolo, Tommaso & Pietropaoli, Stefano]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 8822906128
editore: Quodlibet
pubblicato: 2022-05-14T22:00:00+00:00


Mobilitare la tradizione occidentale per le battaglie politiche del presente.

Gli usi polemici del diritto romano negli scritti di Carl Schmitt 1923-1945919

Ville Suuronen

1. Carl Schmitt, il «romano»?

I richiami alle fonti classiche, sia latine sia greche, attraversano gli scritti di Carl Schmitt come un filo rosso920. Il giurista amava dirsi «romano»921 e affermava di provare una «arcana passione»922 per la lingua latina, stabilendo un legame diretto tra sé e il passato dell'Occidente. Secondo la testimonianza di due suoi amici intimi, Schmitt si definiva romano per sottolineare la propria affinità con una cultura di matrice latina - una asserita latinità che affondava le sue radici nella fede e nell'educazione cattolica che egli aveva ricevuto per parte di madre923. Per descriversi, a Schmitt piaceva citare il poeta Ausonio, come lui abitante della regione attraversata dal fiume Mosella: «la mia natura è lenta, silenziosa e cedevole, al modo di un fiume placido, come la Mosella, tacito rumore Mosellae»924.

Sebbene conoscesse bene sia il greco antico sia il latino925, è al secondo che Schmitt si sentiva particolarmente legato, ed egli ancora in tarda età era capace di tanto in tanto di conversare in questa lingua926.

La predilezione espressa da Schmitt per la lingua e per la cultura latine ha trovato una eco nella ricezione della sua opera, così ampia e attenta proprio in paesi come l'Italia e la Spagna927 - che, sotto Mussolini e Franco, più di tutti si avvicinarono a rappresentare quel modello di «Stato totale qualitativamente forte» che l'autore ammira e teorizza negli ultimi anni di Weimar, prima di aderire al nazionalsocialismo. Schmitt inoltre conosceva bene le lingue romanze moderne e parlava «abbastanza bene» il francese, lo spagnolo e l'italiano928 - il suo francese, in realtà, era pressoché del livello di un madrelingua929. Per un giurista, questa inclinazione per il mondo della latinità e per la Roma antica era qualcosa di naturale, vista l'enorme influenza che la ricezione del diritto romano ha avuto nei sistemi giuridici dell'Europa occidentale930. Quando Schmitt scrive del «modo giuridico di pensare e di parlare che mi è penetrato nella carne e nel sangue»931, allude anche a una certa storia attraverso cui questo tipo di pensiero giuridico si è formato.

Lo stesso vale per la sua famosa asserzione che «tutti i concetti più pregnanti della moderna dottrina dello Stato sono concetti teologici secolarizzati»932. Teologia e giurisprudenza, come Schmitt ribadisce altrove, hanno elaborato «concetti fondamentali strutturalmente congruenti» e mostrano di avere una «affinità di struttura sistematica»933. È proprio questa struttura a costituire un continuum storico che va dall'antichità greca e romana alla teologia cristiana per arrivare infine alla scienza giuridica moderna.

Quella che segue è una ricostruzione sistematica del modo in cui Schmitt interpreta il significato del diritto romano e la storia della sua ricezione negli scritti del periodo weimariano e del periodo nazionalsocialista, dal 1923 al 1945. La mia tesi è che il mutevole impiego ideologico che in questo arco di tempo il giurista fa del diritto romano - dei suoi contenuti immaginativi, narrativi e simbolici - offre un nuovo punto di vista per



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